Cosa significa per noi Brexit?
Brexit: La scorsa settimana il popolo della Gran Bretagna, contro ogni nostra aspettativa (ma gli exit poll già avevano fatto vedere una eccessiva vicinanza tra i “leave” ed i “remain”) ha deliberato di lasciare l’ Unione Europea.
E’ la prima uscita di un popolo dalla Unione europea. Se ce l’avessero detto qualche mese fa, avremmo pensato tutti alla Grecia e mai al Regno Unito. Di fatto il voto è stato uniforme nelle varie fasce, con i giovani nella fascia 19-24 uniti verso la corrente del “remain” ed i più anziani uniti verso il “leave”, con Londra che ha visto una grande prevalenza del remain”, contro le periferie dove è prevalso il “leave”, con l’Inghilterra che ha visto alla fine prevalere il “leave”, contro la Scozia dove è stato più forte il “remain”. Anche questi dettagli, se analizzati, fanno capire come là dove c’è povertà e disoccupazione il malcontento spinge per il cambiamento in quanto tale, senza pesarlo.
E ci pone dinanzi ad altri aspetti che questo voto può cambiare, in particolare ci ha dimostrato ancora (se mai ce ne fosse stato bisogno) che la Scozia appare sempre più distante da Londra e cresce la sua voglia di autonomia. La Scozia vuole restare nella Ue e l’Europa si divide sull’appello di Edimburgo. Di certo la Ue non ha alcuna intenzione di interferire nel processo che potrebbe spaccare il Regno Unito.
Di fatto ci sono stati diversi aspetti contrastanti e molti sono i quesiti che dobbiamo porci, in primis:
è giusto che il popolo si pronunci su una materia tanto delicata o la stessa dovrebbe essere lasciata ai rappresentanti del popolo? Di fatto Cameron, il premier inglese, ha preferito dare questa apertura, convinto che il popolo non lo avrebbe tradito ed avrebbe scelto la permanenza nell’euro.
In realtà l’eccessiva apertura agli stranieri ha fatto emergere in Europa una sorta di nuova corrente di ultranazionalista tantoché la LePen dopo Brexit, parla di Frexit, parimenti in Olanda ed in Polonia soffiano venti in questa direzione.
Sicuramente all’Europa è mancata una politica comune a supporto di una moneta comune.
Matteo Renzi, il nostro premier, sostiene che dobbiamo essere in Europa più Keynesiani,
dobbiamo dimenticare un pochino il rapporto deficit/pil per dare spazio a politiche più espansive che portino ad una effettiva crescita.
Per i 27 l’appuntamento sarà per metà Settembre a Bratislava per un piano comune di sicurezza, crescita, e giovani.
Nei titoli la proposta Merkel-Renzi-Holland sembra rivolta a cambiare pagina, speriamo che questo avvenga anche nella pratica.
E in borsa che succede? Inutile dire che sui mercati c’è stato il finimondo e nei primissimi giorni successivi all’esito del voto la nostra Piazza affari è arrivata a perdere sino all’11%.
Sotto attacco, come sempre, sono stati soprattutto i titoli bancari.
Adesso ci aspettiamo qualche rimbalzo positivo, ma sui mercati sino a che non ci sarà una effettiva politica comune tra gli stati, una politica concordata che vada oltre la moneta unica, non potrà tornare a splendere il sole. In fondo, la borsa altro non è che l’espressione della nostra economia.
E dunque è necessaria una politica rivolta alla crescita comune, più che al controllo del rapporto debito/pil dei singoli stati per vedere un effettivo cambiamento.
E Allianz? Noi possiamo solo rassicurare i nostri clienti.
Chi ha comprato la gestione Vitariv, che è fuori dai mercati, non ha minimamente risentito di questi forti sbalzi, forte di un contratto con il minimo rendimento garantito.
Ma anche i nostri clienti che hanno acquistato polizze unit, hanno poco risentito di questi sbalzi perchè la nostra squadra vincente fatta da i 5 migliori fondi obbligazionari presenti sul mercato (Morgan Stanley, Pictet, Black Rock, Pimco, Agi) ha ben resistito all’impatto Brexit, grazie alla prontezza dei gestori.
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